CHIESA DI SAN GIULIANO

11 San Giuliano 02

La chiesa di San Giuliano fu la prima parrocchia di Geraci e la sua esistenza è attestata fin dal 1338, in quanto viene citata nelle cronache della morte del conte Francesco Ventimiglia descritta da Michele da Piazza; la sua storia ebbe un nuovo corso a partire dalla fine del Quattrocento, quando, in concomitanza della consacrazione dell’attuale chiesa Madre, venne annessa al monastero benedettino di Santa Caterina, abitato (fino al maggio 2015!) da monache di clausura della congregazione cassinese.

Già nel 1492 era attiva «una congregazione di donne oneste ritirate» che conduceva vita comune in alcuni locali nei pressi di San Giuliano, come si evince dalla richiesta che avanzarono all’arcivescovo di Messina per erigere un altare a San Lorenzo, di cui tuttora si conserva nella chiesa l’interessante statua in legno. Ma solo nel 1498, in seguito alla visita del vicario generale dell’arcivescovo di Messina Antonio de Mortellens, venne ufficialmente riconosciuto il monastero «sotto la regola del patriarca San Benedetto» e l’anno successivo fu eletta la prima abbadessa, donna Ramondetta Russo.

  • Tra le prime opere commissionate dalle monache rientra la statua di Santa Caterina d’Alessandria posta sull’altare principale della chiesa, che risale al 1505 e può essere ricondotta al noto scultore Giuliano Mancino; la Santa, rappresentata secondo l’iconografia tradizionale, mostra abiti regali in ricordo della sua origine nobile, tiene nella mano sinistra le Sacre Scritture e la ruota che fu lo strumento del suo martirio, mentre con la destra regge una spada; il basamento reca i rilievi di Cristo nel sacello, affiancato dai Santi Benedetto, Scolastica, Giuliano e Lucia.
  • Nel corso del Seicento la chiesa, ad aula unica con nicchie laterali, fu sottoposta a notevoli interventi che abbellirono l’austera fabbrica medievale (in origine a tre navate) e la dotarono di significative opere d’arte. Prima del 1638 venne eretto l’altare di San Giovanni Evangelista, di cui rimane la coeva statua attribuita alla bottega dei Li Volsi, che presenta il Santo fasciato da vesti riccamente decorate, assorto nella lettura delle Scritture; del 1654 sono invece le due tele del pittore di Polizzi Matteo Sammarco situate ai lati dell’altare e raffiguranti una San Benedetto con i Santi Placido e Mauro e l’altra i Santi Giovanni Crisostomo e Giuliano.

Nel secolo successivo si decise di decorare l’interno ingaggiando lo stuccatore palermitano Francesco Alaimo, che in alcuni cantieri aveva collaborato con il noto maestro Procopio Serpotta: nel giugno 1749 egli si impegnò infatti «a stucchiare tutta la venerabile chiesa…», ma gran parte della sua opera è andata persa a causa dei terremoti del 1818-1819 che gravi danni arrecarono all’edificio.

Sempre alla metà del Settecento appartiene la grata in ferro battuto che chiude il coro sul fondo dell’aula (realizzata a Palermo e trasportata via mare sino a Finale di Pollina) e il raffinato mobile da sacrestia in legno dipinto attribuito alla bottega del pittore Filippo Randazzo; di esso si conservano alcuni portelli figurati su un fondo verde acqua con motivi floreali che  rappresentano il Cristo Pantocratore affiancato dalle Sante Scolastica e Gertrude, mentre agli estremi sono raffigurate le martiri Agnese e Cecilia; inoltre, un altro pannello smembrato dagli altri è dedicato all’Immacolata.

Testo di Giuseppe Antista