CASTELLO DEI VENTIMIGLIA

02 Cstello 05

Nonostante il maniero sia oggi in gran parte crollato, le poche membrature residue suggeriscono l’immagine di un eccezionale baluardo, frutto di un’originale commistione di opere difensive create dall’uomo e fornite dalla natura; i pochi muri che assieme alla cappella palatina restano ancora in piedi, sono la chiara testimonianza di un impianto vasto e poderoso, organizzato dentro un perimetro irregolare che segue l’orografia del suolo.

Il fronte meridionale, quello più in vista, poggia su una parete rocciosa verticale e ne costituisce la naturale continuazione; ha uno spessore di circa un metro e mezzo e mostra un paramento esterno a scarpa, con un’inclinazione che dalla base giungeva alla linea d’appoggio delle finestre, com’è rilevabile dall’unica grande apertura ancora esistente. Era questa una bifora con colonnina centrale e sedili sugli stipiti, mentre a poca distanza tuttora rimane una piccola monofora definita da un archetto trilobato.

Sul lato settentrionale si apre l’attuale accesso al castello tramite una rampa in parte intagliata nella roccia che confluisce nel portale laterale della cappella, mentre a valle del lato meridionale era sistemato un ingresso secondario, in una strettoia all’apice di una ripidissima scala in pietra, connessa a una mulattiera che si inerpicava sulla rocca.

All’incontro dei lati nord e ovest è posizionato un cantonale alto e possente (spessore circa due metri), verosimilmente appartenente a un torrione angolare, che dal lato interno ancora trattiene l’innesto di due volte corrispondenti a due elevazioni del castello. Inoltre, nei pressi della cappella si notano due ampie cisterne ben conservate, in parte scavate nella roccia e coperte da volte a botte ribassate, che presentano sull’estradosso le bocche per il prelievo dell’acqua; l’interno è rivestito da uno spesso strato di intonaco impermeabile a base di coccio pesto e nei corpi di fabbrica vicini sono rinvenibili le opere di adduzione dell’acqua piovana, fatte con coppi e catusi d’argilla.

L’esame delle parti residue e il confronto con altri edifici fortificati suggere questa organizzazione funzionale: ai piani inferiori, oltre ai vani ipogei usati come cisterne e deposito delle derrate alimentari, dovevano trovarsi altri locali di servizio (scuderie, sale d’armi, alloggi per le truppe e le cucine), il piano superiore era destinato alla residenza del signore e della sua corte, come testimoniano le bifore che si aprivano sul lato meridionale, mentre sulla copertura era ricavato un camminamento di ronda difeso da merli.

Il primo nucleo fortificato può farsi risalire alla metà dell’VIII secolo, nel periodo in cui i Bizantini, minacciati dall’invasione araba, si arroccarono nell’entroterra siciliano; è presumibile che tale assetto si sia mantenuto anche nei secoli successivi, mentre alla successiva età normanna va ricondotta la costruzione della torre ravvisabile nel possente cantonale dell’angolo nord-ovest; essa dovette essere eretta prima del 1082, in quanto se ne fa riferimento nelle cronache di Goffredo Malaterra che narrano della contrapposizione tra il gran conte Ruggero e il milite Angelmaro, a cui era stata assegnata Geraci. Il castello raggiunse l’assetto definitivo nei primi decenni del Trecento, allorquando è presumibile che fu adeguato al nuovo rango sociale e politico del conte Francesco I Ventimiglia e proprio in questo periodo visse la fase di maggiore splendore.

Testo di Giuseppe Antista